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Messaggio Da reporter Larry 15th Aprile 2011, 10:40 pm

A Mutter’s Ridge, inchiodati nelle trincee trasformate in fosse di fango, i marines affrontarono il tiro teso delle mitragliatrici Viet. durante una delle più dure battaglie combattute nel conflitto vitnamita.

“ Montagne come in Corea, giungla come a Guadalcanal --- si lamentava un veterano --- . L’unica cosa che manca e la neve”. Nel Settembre 1966, gli uomini del 3 battaglione, 4 reggimento Marines, scrutavano da quota 363 il loro prossimo obiettivo oltre la densa volta della giungla, nella valle del fiume Cam Lo. A 700 m. da loro si stagliava l’imponente picco di granito noto come quota 400. A 10 giorni di marcia da Dong Ha, e da 48 ore senza rifornimenti, i marines avevano rastrellato per una settimana la catena montagnosa di Nui Cay Tre alla ricerca della 324 divisione nord vietnamita. Era un territorio difficile, e ogni uomo aveva lasciato la base portandosi dietro solamente le armi, 2 borracce d’acqua, una mantella impermeabile e 2 sacche piene di razioni C. Gli uomini avevano trovato segni della presenza del nemico. Bunker distrutti, casse di munizioni abbandonate e tombe scavate in fretta, probabile conseguenza di un massiccio bombardamento americano. Tutto lasciava intendere che gli sporadici scontri a fuoco delle ultime 48 ore stessero per intensificarsi. Il battaglione era stato mandato avanti per una missione “Searh & Destroy” dopo che la ricognizione fotografica aveva rilevato colonne nemiche in infiltrazione attraverso la Zona Smilitarizzata nella provincia di Quang Tri. Le linee principali di rifornimento nemiche erano concentrate in questa valle e quota 400 dovevano essere conquistate a tutti costi, se si voleva che la base di fuoco americana conosciuta come Rockpile risultasse protetta dagli attacchi nord viet, Con l’appoggio di una Task Force composta da elementi di altri battaglioni, i marines del 3 battaglione comandato dal tenente colonnello William Masterpool stavano per affrontare l’esercito nord viet. Nella sua tana. Dopo aver divorato le razione in tutta fretta, per evitare che ci entrassero le zanzare, le due compagnie di testa si mossero. Erano le 09.30 del 27. I marines cominciarono a farsi srtada lungo la linea di cresta verso quota 400. La compagnia Kilo, guidata dal capitano James “Jay Jay” Carroll, era in testa e i suoi uomini avevano i machete per aprire un sentiero attraverso 2 m di sottobosco. Era un lavoro ingrato e pericoloso. I graffi e le punture degli insetti potevano infettarsi nel giro di poche ore, ma quello era l’unico modo per far avanzare la compagnia. La cupola vegetale che li sovrastava era cosi spessa da impedire quasi che la luce riuscisse a penetrare nella giungla sottostante. Dopo mezz’ora, uno dei marines inciampo in un cranio umano che era stato sistemato sul bordo del sentiero. Sotto c’era un biglietto con la scritta : “Ritorniamo per uccidere marines” La costruzione verbale era approssimativa, ma il senso del messaggio era quanto mai chiaro. Alle 10 il primo uomo del plotone di testa inciampò in una canna di bambù che fece scattare una mina Claymore e diverse bombe a mano. Subito una mitragliatrice nemica apri il fuoco, e si scateno l’inferno. Poi cominciarono a cadere anche delle bombe di mortaio, le cui esplosioni soffocarono il rumore degli M14 dei marines che rispondevano al fuoco, sul fronte e sui fianchi. Alcuni marines urlavano per chiedere munizioni, altri per chiamare gli infermieri.

Continua........



Ultima modifica di reporter Larry il 28th Aprile 2011, 10:47 pm - modificato 2 volte.
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Messaggio Da Ospite 17th Aprile 2011, 9:23 pm

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Ultima modifica di Fritz il 6th Luglio 2012, 1:41 pm - modificato 1 volta.

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Messaggio Da reporter Larry 28th Aprile 2011, 10:46 pm

Scusatemi per l'assenza, ma la mia metà iniziava a domandarsi che cosa facevo fino a tardi davanti al PC!!!!

UN TURBINE DI SHRAPNEL
I marines si tuffarono al riparo nei crateri scavati dai proiettili dell’artiglieria, senza capire da dove stava arrivando il fuoco. La loro avanzata era stata secondo manuale. Il piano prevedeva una puntata in avanti e una rapida ritirata in una “manica d’artiglieria” non appena veniva stabilito il contatto. Poi l’artiglieria ed il napalm avrebbero colpito le postazioni nemiche. Ma i nord viet avevano capito la tattica. Già da 2 giorni le truppe viet raggiungevano i marines nella zona di sicurezza appena cominciava il cannoneggiamento. Una volta cessate le esplosioni, i nord aspettavano che i marines riprendessero l’avanzata e ricominciavano a sparare. Sottoposti al fuoco dei mortai ed incapaci di localizzare i nidi delle mitragliatrici nemiche, i marines rimanevano acquattati ringraziando Iddio per gli elmetti e i giubbotti antiproiettile, mentre gli Shrapnel sibilavano tutt’intorno. Una breve pausa del cannoneggiamento diede a Carrol la possibilità di fare un rapido appello e i caduti furono trascinati verso un riparo improvvisato sui due lati del sentiero. Lentamente prese forma un perimetro difensivo, mentre il fuoco in arrivo si faceva più intenso. Alla fine la compagnia Kilo si trovo completamente circondata. “Ho la sensazione che non gli siamo simpatici” grido un marine al suo compagno .”Conflitto di personalità” fu la risposta. Alle ore 14.03, rispondendo alla richiesta di Carrol per un supporto aereo, 2 Phantom arrivarono rombando sul campo di battaglia a pelo d’alberi, a sganciare napalm e bombe da 250 kg a soli 200 m dalle posizioni dei marines. L’attacco successivo fu condotto a soli 80 m e l’intera area esplose in un turbine di Shrapnel e di fogliame. Ancora una volta, Carrol cercò di far avanzare i suoi uomini in un disperato tentativo di guadagnare terreno. I mitraglieri nemici fecero partire un torrente di fuoco da distanza ravvicinata—più vicino stavano ai marines, più erano protetti dalla furia dei Phantom che li avevano martellati per gli ultimi 30 minuti. Ogni volta che i marines uscivano dal loro perimetro, venivano falciati dal fuoco incrociato delle armi automatiche.
RIMASERO SOLO I CECCHINI
Dopo due ore i nord viet interruppero il contatto, lasciando indietro solamente un pugno di cecchini per ricordare ai marines che erano ancora sotto tiro. Quando si diradarono la polvere ed il fumo della battaglia, e il sole torno a splendere, Carrol contò le perdite: 7 morti e 25 feriti .

L’aria rarefatta dell’alta quota non consentiva agli elicotteri dell’evaquazione sanitaria di fermarsi in “hovering” (cioè in volo stazionario) per raccogliere i feriti. Cosi la compagnia Kilo ritorno sui suoi passi lungo il sentiero, verso il quartier generale del tenente colonnello Masterpool,dove dove i genieri stavano preparando un LZ con esplosivo ad alto potenziale. Dai loro nascondigli i nord viet scelsero questo momento per riaprire il fuoco con rinnovata intensità. Sembrava che il monte fosse interamente trasformato da “buchi di ragno”scavati nei suoi fianchi durante le ultime settimane, da dove le truppe nemiche potevano sparare con i mortai e tendere imboscate a piacere. Carroll ed i suoi uomini si misero nuovamente al riparo. Adesso erano inchiodati al suolo a circa 400 m dal quartier generale. Molti di loro erano senza cibo e senz’acqua da 24 ore. I colpi secchi dei cecchini si mescolavano al crepitio delle M60 mentre un sole rosso fuoco scendeva all’orizzonte. Alla fine i marines scavarono delle trincee per la notte, dopo aver recuperato i morti e i feriti. Sin dalle prime ore del 28 Settembre, i nord viet rinnovarono gli attacchi di mortaio dalla relativa sicurezza dei loro Bunker fortificati. La luce del giorno non portò conforto ai marines, anche se il fuoco dell’artiglieria americana e gli attacchi aerei sembrava stessero polverizzando le posizioni nemiche. Un assalto frontale della compagnia Kilo contro i bunker nemici fu bloccata da un fuoco battente, ma gli uomini di Carroll continuarono a premere, appoggiati alle spalle dalle compagnie I ed M. I marines levavano di mezzo i cecchini e le vedette dagli alberi, mentre avanzavano e usavano cariche esplosive a sacchetto per snidare i viet dai bunker. Le munizioni dovettero essere trasportate a spalla dal quartier generale per continuare il combatimento, quando il nemico si infiltrò nuovamente nell’area e sferrò un furioso contrattacco. Diversi feriti dagli shrapnel si strapparono via il cartellino WIA ( Wounded in Action, cioè ferito in azione ) che dava il diritto ad essere evacuati, per aiutare a trsportare le cassette di munizioni ai loro compagni. Alle 14.45 la battaglia aveva raggiunto il culmine, con attacchi aerei che facevano tremare la terra ogni trenta secondi. Arrivarono anche le cannoniere volanti Huey, che annaffiarono di pallottole le posizioni nord viet e misero a tacere i mortai con salve di razzi. Quota 400 era nelle mani del 3 battaglione. Il conteggio dei corpi accertò 50 nemici morti contro la perdita di 6 marines e 9 feriti. Era tempo di far intervenire gli elicotteri dell’evacuazione sanitaria, carichi di munizioni e rifornimenti. In pochi minuti gli apparecchi depositarono il loro carico e ridecollarono con a bordo i feriti e morti chiusi nei sacchi. Quando torno la calma, il tenente colonnello Masterpool comincio a pianificare l’assalto all’obbiettivo finale : quota 484, 900 m più ad ovest. Poi cominciò a piovere e i fianchi delle colline diventarono un mare di fango.


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