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Messaggio Da But 4th Novembre 2009, 7:52 pm

Apro questa sez. SAS Inglesi perche' non Potevano mancare: Tra i migliori del mondo se non i PRIMI.
IRAQ ;Guardate l'equipaggio e mimetiche di questi 3 operatori SAS Inglesi
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Messaggio Da Cpl. Stevens 5th Novembre 2009, 1:10 pm

ooo...i miei preferiti... spara
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Messaggio Da Capt.MIKE 16th Marzo 2010, 8:31 pm

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Messaggio Da Capt.MIKE 16th Marzo 2010, 8:33 pm

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Messaggio Da Capt.MIKE 16th Marzo 2010, 8:34 pm

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Messaggio Da Capt.MIKE 16th Marzo 2010, 8:35 pm

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Messaggio Da Capt.MIKE 16th Marzo 2010, 8:38 pm

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Messaggio Da Capt.MIKE 25th Marzo 2010, 7:03 pm

guardate sto video.quello con la MAG
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Messaggio Da Cpl. Stevens 25th Marzo 2010, 7:15 pm

inchia un pazzo... spara spara
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Messaggio Da Capt.MIKE 7th Aprile 2010, 6:27 pm

ecco l'articolo dell'operazione del video sopra postato

Qala - i - Jangi, 25 - 28 Novembre 2001


Il 9 novembre 2001, ad appena due mesi dai tragici eventi del settembre precedente, le Special Forces dello U.S. Army e duemila guerriglieri dell' Alleanza del Nord, comandati dal Generale Abdul Rashid Dostum (di etnia uzbeka), catturavano Mazar-i-Sharif. Le forze di liberazione si sarebbero successivamente dirette verso Konduz, dove la locale guarnigione talebana si sarebbe arresa. Il 24 novembre successivo, diverse centinaia di talebani e terroristi di Al Qaeda (provenienti dall' estero), venivano inviati presso la prigione di Qala-i-Jangi ("Casa /Fortezza della Guerra" in afghano), una fortezza del diciannovesimo secolo, ubicata non lontano da Mazar-i-Sharif. Grande quanto tre campi di calcio, la prigione era sovrastata da mura di fango spesse fino a dieci metri ed alte oltre sei, provviste di camminatoi e feritorie. Mentre una sezione veniva utilizzata quale struttura detentiva, l' altra era invece in uso dall' Alleanza del Nord, per acquartierarvi uomini, e sistemarvi armi e materiali.

La mattina del 25 novembre, i due agenti della Special Activities Division / Special Operations Group della C.I.A. (Central Intelligence Agency), Johnny Michael "Mike" Spann e David "Dave" Tyson, stavano passando sotto esame centinaia di prigionieri, rinchiusi nel cortile sud di Qala-i-Jangi.

La scelta che si prospettava ai talebani ed ai membri di Al Qaeda, era estremamente semplice: collaborare o marcire in eterno (nel migliore dei casi) nelle carceri afghane. Mentre ai talebani di origine afghana sarebbe stata in buona parte garantita una larga amnistia (nel quadro di un processo di pacificazione nazionale voluto dal Comandante Hamid Karzai, futuro leader del primo Governo afghano) per gli stranieri di Al Qaeda non vi sarebbe stata altra prospettiva che la morte (l' Alleanza del Nord non si sarebbe infatti dimostrata compassionevole nei confronti di chi aveva contribuito a martoriare l' Afghanistan). Spann e Tyson avevano quindi il delicato compito di interrogare i prigionieri ed isolare quelli ritenuti maggiormente importanti. Pachistani, iraniani, iracheni, sauditi, ceceni, somali ed elementi provenienti da diverse altre nazioni, costituivano il grosso delle milizie di Al Qaeda, ed erano quindi in grado di fornire informazioni rilevanti. Tutti i prigionieri, erano stati presumibilmente perquisiti e legati dai membri dell' Alleanza del Nord, e si trovavano ora in piedi od in ginocchio in una piccola piazza d' armi. I due operatori della C.I.A. fotografavano ciascun prigioniero, cercando nel mentre di ricavare qualche informazione utile. La maggior parte dei catturati, si dimostrava però restia alla collaborazione. Tra costoro, vi era un occidentale, John Walker Lindh, che si sarebbe successivamente scoperto essere di nazionalità statunitense. Quanto accaduto negli attimi successivi, è ancora oggi poco chiaro. Di certo si sa che le guardie afghane vennero colte totalmente di sorpresa, dagli eventi che erano sul punto di scatenarsi. Alcuni terroristi di Al Qaeda (i quali erano la maggior parte fra i detenuti), erano riusciti a nascondere delle bombe a mano durante le perquisizioni effettuate dagli uomini dell' Alleanza del Nord. Uno degli afghani di guardia venne tramortito da una pietra scagliatagli contro da uno dei terroristi, il che permise ad un secondo di impossessarsi dell' AK-47 della guardia e dare inizio alla rivolta. Vennero lanciate diverse bombe a mano e, in pochi minuti, i terroristi uccisero una mezza dozzina di uomini di Dostum, mentre le sparatorie si allargavano rapidamente ad altre sezioni della fortezza. I prigionieri raggiunsero quindi un deposito di armi, munendosi di fucili d' assalto e mortai. Le guardie di sicurezza vennero forzate ad arretrare fin sui camminatoi delle mura della fortezza. Una guardia uzbeka, afferma che l' agente Spann venne ucciso da un terrorista che, imbottitosi di esplosivo, lo strinse in un "abbraccio mortale", per poi farsi saltare in aria. Altre testimonianze raccontavano di Spann intento a combattere con il suo AK-47 ed infine con la propria arma da fianco, prima di finire le munizioni e difendersi con le proprie mani contro una esercito di terroristi che finirono per sopraffarlo (racconto, questo, confermato anche dalla testimonianza oculare del giornalista Alex Perry, della rivista "Time").

La versione ufficiale fornita dalla C.I.A., vede invece l' Agency encomiare l' agente Tyson per il coraggio e la professionalità dimostrati, e per aver abbattuto diversi terroristi nel tentativo di difendere Spann. Costretto ad allontanarsi dal proprio collega, Tyson avrebbe comunque continuato a colpire i terroristi con la propria pistola. Una volta esaurite le munizioni, egli sarebbe stato costretto a rompere il contatto, facendo anche uso di tecniche di lotta corpo a corpo. Rifugiatosi in un' altra sezione del carcere, l' agente avrebbe successivamente chiamato il proprio quartier generale, affermando di aver perso il contatto con Spann. Da quanto riferito dagli operatori delle forze speciali statunitensi e britanniche presenti sul posto, la realtà sarebbe del tutto differente.

Dave Tyson, non ha effettuato nessun coraggioso combattimento contro i terroristi in rivolta. L' agente è stato filmato da un cameraman afghano, mentre si allontanava a gambe levate dal luogo della rivolta, stringendo la propria pistola non dal calcio, ma dalla canna (così facendo, sarebbe stato quindi impossibilitato ad aprire rapidamente il fuoco, qualora una minaccia gli si fosse parata dinnanzi). Dopo aver cercato riparo in una sezione della fortezza dove si erano raccolti anche alcuni giornalisti tedeschi del network ARD-TV, Tyson (sovrappeso e fuori forma) avrebbe impiegato qualche minuto a riprendere fiato. Le telecamere lo hanno filmato confuso sul da farsi, mentre tenta inutilmente di rimettere la propria pistola (senza sicura) nella fondina. Tanto la sua arma da fianco, quanto il proprio AK-47, non sarebbero stati assolutamente privi di munizioni. L' agente non ha neanche utilizzato la propria radio per inviare un SIT.REP. (Situation Report) presso il quartier generale. Colto dal panico e totalmente impossibilitato nel comunicare con i reparti amici ancora presenti nella prigione, dopo aver preso in prestito un telefono satellitare da una troupe di ARD-TV, Tyson chiamò l' ambasciata statunitense nel Tashkent (Uzbekistan), alla quale fornì un rapporto della situazione del tutto confuso (egli non aveva idea di cosa fosse accaduto a Spann, che aveva praticamente abbandonato nelle mani del nemico). Nel mentre, la rivolta aveva preso ad allargarsi, con i terroristi intenti a guadagnare terreno all' interno della fortezza.

Nel pomeriggio dello stesso giorno, l' unità operativa "BOXER" delle Special Forces, comandata dal Tenente Colonnello Max Bowers, aveva ricevuto l' ordine di raggiungere al più presto la fortezza di Qalai-i-Jangi, dove circa 600 tra talebani e membri di Al Qaeda, erano sul punto di tornare in libertà. I rapporti iniziali parlavano anche di due operatori S.A.G. / S.O.D. intrappolati nell' area della rivolta e in disperato bisogno di aiuto. Bowers rispose allestendo una squadra di salvataggio composta da "Green Berets", Combat Controllers del 720th S.T.G., elementi della Delta Force e dello Special Boat Service (S.B.S.) britannico (si noti come, per lungo tempo, costoro fossero stati scambiati per operatori dello Special Air Service, il quale non ha invece mai preso parte all' operazione in questione). A supportarli, vi sarebbe stato un plotone della 10th Mountain Division dello U.S. Army, oltre ad un nutrito gruppo di operatori dei servizi di sicurezza ed interpreti. La loro missione sarebbe stata semplice ed al tempo stesso potenzialmente letale: infiltrarsi all' interno di Qala-i-Jangi, oramai in mano al nemico, trovare Spann e Tyson, ed aprirsi la strada verso l' uscita del complesso. Il Maggiore Mark Mitchell, comandante sul campo di "BOXER", avrebbe guidato l' operazione, dislocando alcuni uomini sui muri perimetrali della fortezza, immediatamente dopo il proprio arrivo. Mentre erano intenti nel fornire una prima stima della situazione, gli uomini della task force furono fatti oggetto del fuoco di armi di piccolo calibro. I comandanti dell' Allenza del Nord presenti sul posto, avvertirono Mitchell che, benchè uno degli operatori della C.I.A. fosse stato sicuramente ucciso, vi era la concreta possibilità di trovare vivo il secondo.

Nel frattempo, Tyson era riuscito a fuggire dal carcere, calandosi giù dalle mura insieme ad alcuni giornalisti, per riparare in una vicina scuola. L' operatore della C.I.A., sarebbe stato ritrovato dopo poco. Mitchell decise quindi di stabilire un contatto con i terroristi all' interno della fortezza, onde negoziare il rilascio di Spann. Tutti i tentativi di contatto da parte statunitense, ottennero però solo un secco rifiuto. Ai membri di Al Qaeda e ai talebani all' interno di Qala-i-Jangi, era stata appena data l' ultima possibilità di arrendersi. Nel corso della stessa notte, un AC-130 Spectre, avrebbe spazzato le posizioni dei rivoltosi asserragliatisi all' interno del complesso. I colpi della cannoniera volante, finirono per impattare contro un deposito di munizioni all' interno delle mura, provocando un' imponente esplosione. All' alba del 26 novembre, Mitchell iniziò a posizionò i propri uomini sulle mura della fortezza. La scena era ora simile a quella di un assedio medioevale, con la differenza che gli assedianti si trovavano all' interno della fortezza, mentre i difensori erano invece confinati sulle mura. Dopo aver stabilito un luogo di raccolta per gli eventuali feriti, il Maggiore predispose una postazione di osservazione dalla quale dominare l' enorme cortile della prigione e gli edifici in mano al nemico. Così facendo, i Combat Controllers presenti, sarebbero stati in grado di richiedere attacchi di precisione all' interno del perimetro.

Nel mentre, il volume di fuoco scatenato dai terroristi continuava ad aumentare, con numerosi colpi di R.P.G. (Rocket Propelled Grenade) che andavano a ricadere non lontano dagli operatori. Mentre avanzavano verso le mura, i terroristi sembravano assolutamente incuranti della precisione dei colpi esplosi dai militari e del fatto che il cortile fosse ricoperto di cadaveri. Quando i rivoltosi si impossessarono di un deposito di armi e munizioni, alle forze speciali non restò altra alternativa che richiedere lo sgancio di alcune bombe a guida laser, da parte dell' aviazione. L' azione sarebbe stato un vero azzardo, considerato il fatto che il munizionamento sarebbe caduto a pochi metri dalle mura ove si trovavano appostati gli operatori occidentali ed i guerriglieri dell' Alleanza del Nord. I designatori laser vennero impiegati per dirigere le bombe, le quali finivano spesso per colpire i propri bersagli a soli 150 metri dai militari. Gli attacchi aerei, ebbero comunque l' effetto di far arretrare le milizie nemiche e permettere alle forze speciali di porre in essere il piano di recupero di Mike Spann.

Il 27 novembre, il Maggiore Mitchell, unitamente a cinque altri operatori (tutti qualificati in tecniche di C.Q.B., Close Quarters Battle), entrò all' interno della fortezza di Qala-i-Jangi. L' agente Tyson, benchè potenzialmente utile all' operazione per esser già stato all' interno del complesso, venne lasciato presso il posto di comando, poichè oramai irrimediabilmente traumatizzato e quindi incapacitato a combattere. La forza di recupero fece il proprio ingresso nella sezione meridionale (nelle mani dei terroristi) attraverso l' ala nord, coperto da un contingente di guerriglieri del Generale Dostum, due tank di era sovietica, ed un distaccamento dello S.A.S., il quale si occupò di bonificare gli edifici immediatamente dinnanzi a dove si riteneva fosse prigioniero Spann. Mentre avanzavano all' interno del cortile, gli operatori statunitensi (sporadicamente fatti oggetto del fuoco nemico) ricevettero la notizia che il corpo senza vita di Spann era stato ritrovato da una squadra dell' Alleanza del Nord, la quale stava provvedendo a riportarlo presso il posto di comando allestito nella sezione nord. Il corpo dell' agente della C.I.A. era stato trappolato con una granata, prontamente disarmata. Prima che Spann fosse trasportato via verso il comando centrale, le forze speciali anlgo-americane, tennero una breve e toccante cerimonia in onore dell' operatore caduto. Prima di morire, Spann era stato catturato vivo dai terroristi di Al Qaeda, che lo avevano torturato spezzandogli entrambe le gambe al di sotto del ginocchio. Due proiettili erano conficcati alla base della schiena, su entrambi i lati della spina dorsale. L' agente della C.I.A. era comunque rimasto in vita ancora per molto, prima di ricevere il colpo fatale alla nuca da parte dei terroristi, che non avrebbero successivamente esitato a trappolarne il corpo inerme con una granata. Johnny Micheal "Mike" Spann, era in forze presso la Central Intelligence Agency dal giugno del 1999 ed era al suo primo impiego operativo. Originario dell' Alabama ed ex membro della Force Recon dei Marines, lascia una moglie (anch' ella in forze presso la C.I.A.) e tre figli, all' età di 32 anni.

Il corpo di Spann era stato recuperato, ma la rivolta era lungi dall' esser terminata. Gli uomini dell' unità BOXER si erano adesso spostati nel cuore della battaglia, coordinando il supporto aereo. Un Combat Controller comunicò le coordinate di un bersaglio all' interno delle mura, localizzato estremamente vicino alle truppe amiche. Due Green Berets si sporsero oltre il parapetto per controllare la vicinanza del nemico alla loro posizione. In caso di errore, i militari sarebbero stati investiti dall' esplosione. Una volta ricevuta la posizione del bersaglio, il pilota dell' U.S.A.F. inserì per errore nel computer di bordo, le coordinate relative alla posizione del Combat Controller. Il missile Hellfire lanciato dall' aereo, piombò così sulla postazione dei militi, provocando una strage. Il Capitano dei Green Berets Kevin Leahy ed un altro operatore delle Special Forces, vennero sbalzati in aria mentre parte delle mura della fortezza crollavano sotto i piedi dei militari. Dopo l' esplosione, coloro i quali erano ancora in condizioni di operare, trascinarono i compagni feriti al riparo, onde trasferirli successivamente verso il punto di raccolta precedentemente stabilito. Fortunatamente, in pochi secondi, diversi operatori accorsero sul luogo dell' incidente, per prestare assistenza. Leahy aveva riportato la frattura del bacino, ed era il ferito più grave.

Sembra che anche quattro operatori dello S.B.S. siano rimasti feriti nell' esplosione. Gli uomini della 10th Mountain Division trasportarono parte dei feriti al sicuro, mentre il quartier generale della task force "DAGGER", inviava sul luogo gli elicotteri del 160th S.O.A.R. (Special Operations Aviation Regiment) per la CAS.EVAC. (Casualties Evacuation, Evacuazione Feriti). I feriti sarebbero stati stabilizzati e successivamente inviati in Germania per ulteriori interventi chirurgici e per l' eventuale riabilitazione. Il Capitano Paul R. Syverson era stato scagliato in aria per poi atterrare rovinosamente a terra. Non perse conoscenza, ma non poteva più sentire le gambe. I timpani di tutti i militari erano rotti, il che rendeva impossibile l' uso delle radio. Avrebbero impiegato diverse settimane per recuperare l' udito.

Presso il comando centrale, ufficiali della C.I.A. erano nel frattempo giunti per esaminare il corpo senza vita di Spann. Gli agenti ordinarono la distruzione di tutti i registri riguardanti il caduto e si raccomandarono con gli ufficiali medici dello U.S. Army, di non effettuare più alcuna rilevazione fotografica sul corpo dell' operatore. Nei giorni successivi, la C.I.A. decise (per la prima volta nella propria storia) di rendere pubblica l' identità di Spann, onde far comprendere ai cittadini statunitensi come vi fossero uomini pronti all' estremo sacrificio per la difesa della sicurezza nazionale. A Spann furono tributati tutti gli onori del caso, presso il cimitero militare di Arlington, Washington.

Il 28 novembre, solo 86 rivoltosi erano ancora in vita. Quest' ultimo gruppo, intenzionato a non arrendersi, si barricò all' interno dei sotterranei della fortezza, mentre i corpi di oltre 400 loro compagni abbattuti, giacevano sparsi nel cortile principale. Il Comandante della prigione, il Generale Jurabek dell' Alleanza del Nord, diede l' ordine di allagare i sotterranei con dell' acqua gelata, onde costringere i terroristi alla resa. Quando anche questo metodo non ottenne alcun riscontro positivo, il Generale Dostum ordinò ai propri uomini di procurarsi quanto più carburante potessero, per inondare i sotterranei e bruciare vivi i terroristi. La soluzione finale non venne però mai attuata, dato che i rivoltosi decisero di arrendersi per tempo. Erano rimasti nascosti sotto terra per tre lunghi giorni. Feriti, affamati e minacciati dall' ipotermia, furono trasferiti in un ospedale di Sheberghan.

Il cittadino americano John Walker Lindh si trovava fra quell' ultimo gruppo di terroristi. Mentre era nel suo letto di ospedale, Walker venne avvicinato da un reporter free-lance del Newsweek, cui disse di chiamarsi Suleyman al-Faris, il nome adottato dopo la conversione all' Islam. L' uomo era fortemente denutrito e livemente ferito alla coscia destra ed alla schiena da frammenti di granate, mentre una delle dita del piede sinistro era stata strappata via da un colpo di arma da fuoco. Indossava un maglione blu scuro dell' Esercito del Pakistan, sopra una maglia verde oliva (un capo di vestiario molto comune tra gli affiliati di Al Qaeda). Il reporter disse a Walker che, a meno che non avesse fatto sapere al mondo della sua presenza tra i prigionieri, non avrebbe potuto ricevere alcun aiuto o cura medica, dato che l' Alleanza del Nord lo avrebbe giustiziato come per tutti i membri di Al Qaeda. Walker, dopo aver riflettuto, raccontò la sua storia al giornalista. Dopo aver letto un' autobiografia di Malcolm X, John Walker Lindh decise di recidere le proprie radici statunitensi, convertirsi all' Islam e trasferirsi nello Yemen per studiare l' arabo. In seguti si spostò a Bamian (in Afghanistan, un tempo sede degli splendidi Buddha distrutti dai talebani), per entrare successivamente in una madrassa (scuola coranica) nel Pakistan settentrionale.

Walker era oramai completamente devoto alla causa talebana. Decise quindi di recarsi in Afghanistan onde arruolarsi in una cellula di lingua araba di Al Qaeda. Ciò gli diede la possibilità di incontrare diverse volte lo stesso Osama Bin Laden. Inizialmente assegnato ad un' unità nella provincia di Takhar, si traferì a piedi con i suoi compagni ad ovest di Kunduz. L' odio malsanamente nutrito verso il proprio Paese era evidente (riteneva che gli attentati alla USS Cole e quelli dell' 11 settembre 2001, fossero meritati e che gli Stati Uniti fossero malvagi).

Nonostante la stampa lo avesse impropriamente ribattezzato "il talebano Jhonny", egli ammise che gli stessi talebani lo avevano respinto, poichè in grado di parlare esclusivamente arabo. Venne quindi arruolato direttamente nelle fila di Al Qaeda. Walker affermò anche di essere stato a conoscenza degli attentati sul suolo americano, già a partire dal gennaio 2001, quando fu informato che una cellula suicida era stata inviata nel proprio Paese nativo onde effettuare gli attacchi. Riconosceva oramai Osama Bin Laden quale proprio leader ed era convinto che gli americani dovvessero morire, "per ripulire il mondo dagli infedeli". Walker, affermò inoltre di desiderare il martirio per mezzo dell' uccisione di cittadini statunitensi e che lo stesso Osama Bin Laden lo avesse ringraziato per essersi unito alla jihad.

Una volta messi a conoscenza della presenza di un cittadino americano fra i prigionieri, i Green Berets si affrettarono nel porlo sotto custodia statunitense, onde offrirgli cure mediche adeguate (anche se diversi operatori suggerirono, più ragionevolmente, di piantargli una pallottola nel cranio ed evitare inutili sprechi di denaro da parte dei contribuenti). Nel corso della propria degenza ospedaliera, Walker ebbe inoltre modo di rilasciare un' intervista (presente nel box a fondo pagina) al reporter free-lance del National Geographic, Robert Young Pelton. Una volta ricondotto negli Stati Uniti, Walker venne sfortunatamente dipinto quale un giovane sbandato e le sue responsabilità ridimensionate sensibilmente. Quel che è certo, è che Al Qaeda e la sua catena di comando avevano dimostrato fiducia verso il giovane americano, una fiducia accordata ai convertiti all' Islam, solo dopo che questi avessero posto in essere personalmente atti quali omicidi o torture. Nel corso del suo periodo di permanenza in Afghanistan, egli transitò attraverso il campo di addestramento per terroristi di al-Farooq (ad ovest di Kandahar), per poi essere inviato presso Mir-Bach-Kot, situato a nord di Kabul, uno dei centri addestrativi all' epoca più importanti di Al Qaeda. Walker vi insegnò la lingua inglese ai terroristi e come trattare i prigionieri di lingua inglese. Secondo alcuni detenuti di Al Qaeda, egli avrebbe inoltre fornito il proprio aiuto nell' addestramento dei cosidetti agenti "dormienti" da infiltrarsi negli Stati Uniti.

Nel luglio 2002, il Procuratore per il Distretto Est della Virginia, annunciò che un accordo era stato raggiunto in merito alla posizione giudiziaria di Walker. Il traditore si sarebbe dichiarato colpevole di aver aiutato i talebani ed aver nascosto indosso le granate utilizzate nelle prime fasi della rivolta di Qala-i-Jangi. Tutte le accuse di terrorismo mosse dall' accusa (tra le quali, quella di aver cospirato per uccidere cittadini statunitensi) venero fatte cadere. Walker se la cavò con soli diciassette anni di prigione, a fronte di una più appropriata condanna a morte. Il suo avvocato accusò inoltre i Green Berets che avevano preso in custodia l' uomo, di trattamenti brutali ed inumani. Per tutta risposta, i militari produssero un diario dettagliato di tutte le attività e gli eventi relativi al periodo nel quale il traditore era stato posto sotto custodia. Fotografie e video, mostravano come gli operatori delle forze speciali avessero fornito a Walker cibo, medicine e coperte. Le accuse contro i militari scomparvero. Ad ulteriore dimostrazione della lieve entità della pena inflitta, alcuni prigionieri rinchiusi presso Guantanamo, affermarono come Walker fosse stato presente mentre Spann veniva ucciso e come avesse interrogato personalmente l' agente della C.I.A.. Nel corso della rivolta, la Croce Rossa aveva più volte cercato di entrare nella fortezza onde recuperare i corpi dei terroristi abbattuti, ma fu accolta dal fuoco dei rivoltosi. L' associazione non governativa Amnesty International (sempre in prima fila nel lanciare strali contro le truppe statunitensi ovunque esse operino, ma stranamente omertosa nei confronti delle decapitazioni perpetrate in Iraq dai terroristi islamici), accusò i reparti coivolti di aver causato un massacro. La stampa internazionale, avendo lasciato sul campo diversi colleghi uccisi dai talebani e dai membri di al Qaeda (tra i quali ricordiamo l' inviata della RAI, Maria Grazia Cutuli), decise di ignorare le ridicole accuse mosse da Amnesty International.

Settimane dopo gli scontri di Qala-i-Jangi, i militari feriti vennero insigniti della Purple Heart. Il Maggiore Mike Mitchell dei Green Berets, ricevette la Distinguished Service Cross, per l' eroismo dimostrato nell' atto di recuperare il corpo di Spann. Era la prima volta che tale onoreficenza veniva conferita ad un militare impegnato nella nuova "Guerra al Terrore" post 11 settembre. Ad appuntarla sul petto del Maggiore Mitchell, fu lo stesso Comandante in Capo dell' Esercito degli Stati Uniti d' America, il Presidente George W. Bush.


negli spazi vuoti ci sono delle foto,che potete vedere su questo sito
http://corpidelite.net/EFOpQala_i_Jangi.html
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Messaggio Da Capt.MIKE 3rd Novembre 2011, 12:58 pm

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Messaggio Da corvo 3rd Novembre 2011, 3:55 pm

renato, quello con la barba in mezzo..che cosa ha sull'otturatore dell' M ?
Sembra uno strano pommello per armarlo ma non puo' essere...
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Messaggio Da Capt.MIKE 3rd Novembre 2011, 4:30 pm

infatti se ti metti gli occhiali, è il tappo copri ACOG lasciato molle sul lato. se hai visto il mio domenica l'altra lo avresti riconosciuto.....
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Messaggio Da corvo 4th Novembre 2011, 9:06 am

e che cosa non hai uguale..
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Messaggio Da Capt.MIKE 11th Marzo 2012, 1:24 am

riecco un'altro bel video, con finale crudo....

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